Il viaggio, che era iniziato sotto dei buoni auspici, non aveva tardato a prendere una piega catastrofica.
Il piano di Talandra, che usava una mano magica per guidare il gruppo, era stato per ora accantonato. Il gruppo principale non aveva più traccia della sua guida magica, ed era ben lungi di capire il perché Talandra non stava ricreando la magia …
Nel frattempo, la vergine dei ghiacci aveva deciso di rimanere sveglia e di sfruttare il vantaggio acquisito con gli Ogre, lasciando i suoi compagni persi nei meandri delle caverne. Ci sarebbe stato tempo, l’indomani, per riprendere il viaggio.
O no ?

Il gruppo della Fenice, però, aveva un'altra gatta da pelare.
Il Demone, risvegliato da Luyan (e dall’aiuto, questa volta, di altri suoi compagni, come Faro Vinto e Kurg), aveva chiuso in gabbia come topi gli eroi, e una freccia, scoccata dall’arciere, aveva dato inizio alle danze, ahimè mortali.
Le ferite sul Demone, in apparenza pesanti, si rivelarono fasulle o comunque superficiali, se non per quelle dell’arma santificata di Elemar. La testa di Menv, il sacerdote di Eraistos, era volata via con un colpo mancato di artiglio, chiudendo qualsiasi speranza di tornare indietro.

Il gruppo si trovava quindi in un miscuglio di urla, sangue, e paura, mentre combatteva, e decideva sul da farsi.
Attimi, che avrebbero deciso, per sempre, le loro vite.


(…)

L’attenzione dei bambini al racconto del vecchio era piena.
Il narratore si fermò, e sorseggiò la sua tisana.
Alcuni bambini tenevano saldamente il loro cuscino, come uno scudo o un armatura, come se il Demone fosse lì, presente.

Un fanciullo però era di un'altra idea:
“Prendi questo! E questo!!! E questo brutto demone!!!” gridò menando fendenti con il suo cucchiaio.
Alcuni suoi coetanei ripresero le sue mosse, e gli incitamenti.
Il vecchio sorrise, e posò la sua tazza sul tavolino.
Ahimè era arrivato il momento delle brutte notizie.
E immancabilmente, uno dei bambini fece la domanda.
“Hanno ucciso il Demone, vero ?”Il vecchio evitò di rispondere direttamente. Era meglio raccontare gli eventi come si erano svolti. Sarebbe stato meno doloroso.
Forse.
Quindi fece una risata, per stemperare la tensione.
“Su su, bambini, sapete benissimo le regole del racconto: le domande trovano risposte nella storia, non prima.”
Tossì leggermente, e riprese il racconto, da dove i bambini l’avevano lasciato: dai colpi potenti del Paladino, che davano loro speranza e conforto, e che dava, anche in momenti tragici, un impronta fiabesca alla storia.