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 I pensieri di un Paladino 
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Messaggio I pensieri di un Paladino
(NdR: spostamento dei pensieri di Elemar Brariv in questa sezione piĂą adatta, copiando spudoratamente il titolo dal druido :wink: )

Il Paladino era raccolto al bordo del crepaccio, di fronte alla pila di cadaveri, e stava pregando..

“Popolo di boschi, udite le mie parole.
Crudele e amara è stata la vostra sorte, ed il vostro silenzioso lamento si propaga nell’umidità circostante.
Non conosco le vostre tradizioni, ne le vostre usanze.
Ma non disperate, una Luce si è accesa, intenta a darvi giustizia.
La vostra gente è qui, e grida vendetta.
Siate pazienti, ancora per alcuni istanti, e guidate i nostri passi verso la meta.
Vi prometto che proteggerò i vostri salvatori al meglio delle mie forze, e che li aiuterò nel loro intento.
Possiate trovare presto un riposo meritato.”


“Allora andiamo!!!”
Le parole di incitamento del mezz’orco richiamarono Elemar dalla sua preghiera.
Questo strano gruppo di persone si stava accingendo a muoversi lungo il corridoio, fino a poco tempo fa difeso dai 2 guardiani di pietra.
Una leggera sensazione di frustrazione pervase Elemar al pensiero di doversi muovere più in fretta che avrebbe voluto, ma era solo una goccia nel suo stato d’animo, preoccupato da altri mille pensieri e domande.
Guardò un ultima volta la pila di cadaveri elfici giù nel crepaccio… Era indubbio che queste persone non erano morte in nome di Eraistos, ma Elemar sperava in cuor suo che esse avrebbero trovato la propria via per l’aldilà, verso un esistenza più serena e priva degli orrori della loro vita terrena.

Girandosi verso il gruppo, Elemar vide i suoi membri posizionarsi in ordine di marcia, di certo non in maniera militare, ma con chiaramente piĂą esperienza e accortezza che avevano dimostrato nelle loro azioni nel combattimento precedente.
Corvo Rosso stava fissando il Paladino con il suo sguardo inespressivo ed osservatore, apparentemente in attesa di capire le sue intenzioni.
Elemar si mosse verso l’esperto di magia, in posizione per chiudere la fila.
Era inutile farsi strada verso la testa del gruppo.
Kurk era già lì, e mentre la sua ferocia in battaglia era notevole ed ammirevole, Elemar esitava…
Il mezz’orco era chiaramente ferito, e non leggermente, ma aveva rifiutato con spocchia le cure magiche dell’altro straniero, che si portava appresso anche lui, come Corvo Rosso, un animale di compagnia. Un altro usufruito di magia ? Cosi sembrava, anche se le sembianze erano ben diverse, visto le sue azioni durante il combattimento. Però non sembrava temere troppo per la propria incolumità, visto che spesso era rimasto ben vicino alle statue femminili a guardia del passaggio.
L’allenamento e l’esperienza accumulata negli anni da Elemar volevano spingerlo ad andare dal mezz’orco e dirgli di farsi da parte. Ma già in una situazione di pericolo chiara e limpida, quando il suo sangue stava sgorgando a fiotti, si era rifiutato di indietreggiare dal combattimento, quando il paladino si era offerto per rimpiazzarlo. Inoltre, il luogo, le persone, tutto quello che circondava Elemar odorava di sconosciuto.
Come poteva quindi Elemar farsi avanti, per organizzare al meglio il gruppo nella sua avanzata e nel combattimento ?
Lontane erano le sue montagne, il sudore dei propri soldati sotto il suo commando, il crepuscolo con la pianificazione del piano di battaglia…
Al pensiero di casa, Elemar sentì un vuoto dentro di se…

Era stato strappato da casa proprio quando stava per ottenere risposte a domande che per troppo tempo non si era posto. Lo smarrimento e l’incredulità del Paladino erano forti, ma erano attutite dalla sua disciplina militare.
E laddove il bozzolo protettivo dell’esercito era impotente, il dovere e la gratitudine di Elemar agivano come un balsamo dolce e rassicurante: i suoi problemi personali potevano attendere. Per ora, gli bastava sapere che era lontano da casa, e concentrarsi sul da farsi. Coloro che gli avevano salvato la vita, in una maniera cosi spontanea e senza preoccuparsi poi delle sue reali intenzioni, avevano chiaramente bisogno di tutto l’aiuto possibile.
La loro missione era ancora oscura agli occhi del Paladino, ma le parole di Corvo Rosso potevano bastare, per il momento. Il gruppo si stava muovendo per fermare le atrocità ed uccisioni perpetrate in questo luogo, e l’ammucchiare di cadaveri lasciati a marcire non lasciava dubbi sulla malvagità del responsabile di queste azioni.

A questo punto, Elemar supponeva che la sacerdotessa di Marva, apparentemente di rango reale nel suo popolo, aveva richiamato a se amici e compagni per intraprendere questa missione contro colui che era responsabile dell’uccisione di molta della sua gente.
E Marva chi era ? Una divinità, questo è certo, ma l’ignoranza di Elemar al riguardo non faceva che confermargli quanto aveva sempre saputo e proclamato: Firav era rimasta troppo a lungo isolata dal mondo esterno. Non rimaneva ad Elemar che discuterne con la principessa Cleori, quindi, per capirne di più.
Ogni cosa a suo tempo. C’erano tante domande, molto da discutere. Era però chiaro che i pensieri dei suoi nuovi compagni erano rivolto ad altro, verso la missione da compiere.
Finché non fosse arrivato il momento, Elemar avrebbe fatto il massimo per aiutare i suoi compagni, per mettere ordine nel caos: avrebbe vagliato ogni situazione di pericolo, e agito in modo da correggere eventuali squilibri delle azioni del gruppo, per aumentarne le possibilità di sopravvivenza.

Chiudendo la fila, Elemar controllò lo stato della propria balestra appesa allo zaino, e, soddisfatto, accese una torcia, e protese i propri sensi alle sue spalle, mentre il gruppo veniva poco a poco ingoiato in questo tetro corridoio.

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21/06/2007, 11:37
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“AAaaaahhhhhhrrrrghghggg!!!!”

L’urlo di dolore straziante di Corvo Rosso echeggiò nella stanza, ghiacciando il sangue, mentre la sua gamba veniva tirata a forza nel terreno…
Elemar vide la creatura, questo ammasso di terra/argilla, scomparire nel terreno com’era apparsa, mentre l’incredulità si dipingeva sul volto di Corvo Rosso.
Il tempo sembrò rallentare… c’era chi urlava il nome del proprio amico, chi si metteva le mani nei cappelli, e chi si precipitava ad aiutarlo…
Elemar rimase interdetto…
Corvo Rosso, in mezzo ai propri compagni, era stato colpito…
Lo stesso Corvo Rosso che si era allontanato dal combattimento contro i 2 grandi guardiani di pietra, e che Elemar aveva protetto, conscio del fatto che il mago non era proprio adatto alla battaglia. I pochi momenti (sarebbero stati gli ultimi ?) passati assieme al taciturno mago erano stati belli e utili, e avevano mostrato l’intelligenza e spirito di osservazione di quest’ultimo.
E ora, eccolo lì, ferito gravemente, senza che Elemar potesse intervenire…
Era un fallimento ?
No, non lo era. La ragione militare, calcolatrice e logica, stava prendendo ora il sopravvento della mente del Paladino, venendolo in aiuto in questa difficile situazione.
Corvo Rosso stava in una posizione protetta, e non era stato possibile prevedere l’attacco traditore di questa strana creatura. La presenza di Elemar vicino al mago non avrebbe cambiato l’esito dell’attacco, questo era certo…
A questo pensiero, Elemar si sentì, per un attimo, inutile… Se non era capace di difendere un minimo questa gente, che Paladino era ?

Lo sguardo di Elemar si diresse verso Ahren, l’uomo della natura con il quale aveva condiviso le ultime azioni, forse mosso dalla sua stessa silente preoccupazione. Ahren, che aveva provato ad avvicinare la creatura con parole rassicuranti ed amichevoli, e che quindi più di tutti sembrava conoscere il nemico. Ma Ahren si limitò a contraccambiare anche nell’intento lo sguardo del Paladino. Che fare allora ? Come difendersi da un tale avversario ? Era forse una situazione disperata ?
No, c’era sicuramente una soluzione, un modo, se non per sconfiggere il nemico, almeno per trarre in salvo il gruppo, prima che fosse troppo tardi. Doveva pensare, e in fretta.
Osservò rapidamente di nuovo la stanza.
Si, una soluzione, forse, era a portata di mano. O forse no, ma solo i morti potevano permettersi il lusso dell’indecisione.
Rapidamente, il Paladino si mosse verso il suo bersaglio.

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12/07/2007, 12:38
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Stanco, spossato, Elemar riusciva ad osservare i suoi compagni con luciditĂ  solo grazie al potere del sommo Eraistos, che rinvigoriva le sue membra. Potere che non sarebbe durato in eterno: giĂ  Elemar sentiva di nuovo il sangue che gli avrebbe oscurato la vista, al riaprirsi delle sue ferite.

I suoi compagni: pochi si reggevano in piedi, Kurg e Lexadia erano già seduti, gli occhi socchiusi… Luyan cercava ormai meccanicamente di rassicurare le 2 elfe sopravvissute. Cleori in ginocchio piangeva, isterica, dopo avere distrutto e sparso caos nelle stanze circostanti, le sue lacrime mescolate al sangue copioso che solcava le sue guance, la spada sempre in mano. Corvo Rosso, una mano sulla sua spalla, era un silente testimone degli eventi vissuti.
Ahren era tornato normale, non più uomo di rovi, e guardava enigmatico Elemar, che aveva appena finito di raccontare della sua esplorazione oltre il corridoio…
Il corridoio… Elemar ne aveva visti cosi tanti che aveva perso il conto. Corridoi irti di pericoli, di orrore continuo. L’ultima battaglia era stata emblematica della situazione: alle grida strazianti di orrore, che il Paladino aveva interpretato erroneamente per le grida di elfe in pericolo eminente, lui e Luyan avevano sfondato la porta, e avevano affrontato, appoggiati dal resto del gruppo, i corpi non-morti delle Elfe uccise senza volto, non ancora trasformate in statue dalla pazzia di Itra. Da loro provenivano le grida. Strazianti e dolorose. Ma le elfe vive c’erano, e malgrado il fallimento di Elemar nell’eliminare rapidamente il non-morto che le minacciava, furono salvate, appena in tempo.
Un piccolo raggio di luce in un incubo, ma rappresentava molto, per il Paladino. Era un chiaro segnale che c’era speranza. Soprattutto considerando che nessuno dei suoi compagni era caduto nel combattimento. Il gruppo con il quale Elemar viaggiava aveva dimostrato coesione e risposte al pericolo degne di un battaglione esperto. Si, c’era un possibile futuro, malgrado i più disparati e strani elementi.
Elemar ringraziò silenziosamente i suoi compagni. Si erano dimostrati valorosi ed efficaci.
Kurg, con i suoi possenti ed instancabili colpi d’ascia, aveva caricato coraggiosamente un gruppo di 3 non-morti, per impedire loro di fare strage dei suoi amici, ed aveva rischiato la vita nel farlo.
Ahren, senz’armi ne armatura, vedendo Kurg in difficoltà, era corso in suo aiuto, da solo, permettendo al compagno di fiatare.
Luyan, che aveva contrastato con la forza del suo canto le urla dell’oltretomba mortali, salvando il gruppo da morte prematura, e che era riuscito a seguire Elemar passo per passo in questo difficile percorso verso le Elfe in pericolo.
Lexadia, che aveva mosso con destrezza e fermezza il suo bastone, colpendo senza sosta tutti i non-morti che Elemar scansava, pur di raggiungere urgentemente la porta che si stava sgretolando sotto i loro colpi.
Corvo Rosso, che malgrado avesse prosciugato le sue magie, aveva impugnato l’arco e aiutato come poteva i suoi compagni, bersagliando di frecce chiunque capitasse a tiro.
E Cleori, la cui spada rinata brillava di vitalitĂ , che aveva tagliato e bruciato con i suoi fendenti, con rabbia e determinazione, i corpi senza vita della sua gente.

Elemar osservava quindi i suoi compagni, ed esitava. Avevano chiaramente bisogno di riposo. Come ne aveva bisogno lui. Ma potevano permetterselo ?
Si sentivano i gemiti di Itra (ma era realmente lui ?) lontani, e sicuramente la possibilitĂ , unica, di mettere fine a questo orrore era qui, a portata di mano. Prima che il mostro si destasse di nuovo dal suo torpore, dalla sua disperazione.
Per un attimo, Elemar pensò di andare da solo, e di affidare la sua sorte ad Eraistos… Ma non era solo la sua battaglia. Era di tutti, non poteva ne decidere per gli altri, ne rischiare la propria vita senza dare possibilità di scelta ai suoi compagni. E non poteva nemmeno chiedere loro di accompagnarlo ; soprattutto perché alcuni lo avrebbero probabilmente fatto.
Elemar rimase quindi in piedi, mentre sentiva, poco a poco, le forze abbandonarlo…
Si, magari riposarsi non sarebbe stata una cattiva idea… In fondo, Itra poteva attendere… Senza il potere dell’uomo-elefante, non avrebbe potuto continuare lo scempio di vite elfiche compiuto fino ad ora… Certo, Itra era ancora una minaccia, ed andava giustiziato, ma non sarebbe scappato, di questo Elemar non dubitava.

Sedendosi in modo da tenere d’occhio il corridoio, Elemar si mise a riflettere… Si, era in realtà più probabile che Itra, passato il momento di sgomento e disperazione, cercasse di vendicarsi… E allora sarebbe stato lui stesso a cercare loro. Itra sarebbe venuto da loro, la rabbia in volto. E allora, solo allora, sarebbe stato sconfitto, Eraistos permettendo, naturalmente.

“Ci riposiamo qui, Elemar ?” gli chiese Ahren, mentre si sedeva ed accarezzava il suo compagno felino.
“Spero di no, rispose il Paladino, non è un posto facilmente difendibile, ne tatticamente intelligente. Ma una breve pausa è la benvenuta, non possiamo chiaramente andare avanti senza riposarci un attimo.”
Le lacrime di sangue ricominciarono a solcare il volto di Elemar, e con esse le forze che lo avevano sorretto fino ad ora svanirono.
“è tutto a posto, è tutto a posto, non preoccuparti, disse Elemar al druido. Queste ferite non sono nuove, non rischio la morte.”

“Per ora”, pensò il Paladino, chiudendo gli occhi, concedendosi qualche istante di riposo.

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18/09/2007, 13:54
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Messaggio La corsa verso Shellar
“Sbrighiamoci!!!”
La fragile sagoma di Yanira gesticolava, correndo, verso le scale.

La vita, per la sua implicita natura, era sempre stata destinata ad essere testimone di avvenimenti strani.
Questo Elemar lo sapeva benissimo, da anni.
Quanti ne avrebbe vissuti, non gli era dato sapere. E finora, non si era mai posto veramente la domanda.

Nella folle e delicata corsa verso Shellar, però, Elemar sentiva perfettamente che ormai questa stessa vita, e nello specifico la sua, non era più alla dolce balia di sporadici avvenimenti. Non più.
Oramai, gli avvenimenti erano all’ordine del giorno, rendendo l’esistenza quasi surreale.
Era forse un modo per avvertirlo del pericolo imminente ? Che la vita può scorrere come un lento fiume, ma anche come un torrente, in pochi attimi, verso la cascata finale ?
Possibile. Probabile.
Questo avrebbe forse fatto paura a piĂą di una persona normale, ma Elemar sapeva di non essere normale. Ironicamente, poi, la paura non gli era mai stata concessa, e mai lo sarebbe stata.
Elemar provava semplicemente una forte apprensione, e preoccupazione, che riaffiorava, come la sabbia su una spiaggia una volta passata l’onda della concitazione, quando un evento terminava, per pochi attimi, prima dell’apparizione di quello successivo.
Erano tanti.
Che fossero ancora vivi, tutti, ed arrivati a Shellar, si poteva definire un ottimo segno, un mezzo miracolo, considerando l’esito della precedente spedizione di Daresdena.
Il Fato ?
Probabile, ma anche la preparazione. Certo, non una preparazione ancora perfetta, ma i tempi della missione erano altrettanto importanti, se non di piĂą.

Ma ogni comandante, malgrado la preparazione alla battaglia, sapeva che anche il migliore dei piani non reggeva ai primi 5 minuti di scontro.
E lo scontro, ormai, era cominciato.
Le prime variazioni, caotiche, avevano mostrato la propria faccia. E il gruppo, questo Elemar ne era ben conscio, dopo averle affrontate, era sull’orlo del precipizio.

Finite erano le magie che Elemar aveva preparato, in casi di emergenza, per salvaguardare la vita dei propri compagni e la loro vitalitĂ .
Finiti erano i spiriti dei suoi antenati.
Quasi finite erano le sue cure.

Luyan si reggeva a malapena in piedi, e il suo viso, di solito così spensierato e sorridente, era aggrottato continuamente.
Daresdena, illesa, era chiaramente turbata, e il suo silenzio era una pietra tombale sull’umore del gruppo. Lei, più di altri, sapeva. E questo, lo percepivano chiaramente gli altri.
Kurg, sempre tenace, continuava a dannarsi l’anima, sostenendo i propri compagni, come era suo solito fare. Ma persa era la sua capacità naturale di estraniarsi agli eventi, di rappresentare il pilastro sempre presente sul quale appoggiarsi, per i suoi amici. Ora, era chiaro che cercava di estraniarsi, volontariamente.
Farovinto aveva visto piĂą volte le sue frecce bucare inutilmente i pericoli di Shellar, e giĂ  sapeva, che contro questa strana luce blu, che in modo irritante e preoccupante lo precedeva verso il Tempio, non avrebbe potuto usare la sua arma migliore.
E le due ranger ?
Si focalizzavano sugli ordini impartiti, la protezione della Veggente, come uno si aggrappa all’ultimo briciolo di speranza, di sanità, in questo mondo, in questa situazione, chiaramente più grande di loro. Elemar internamente pregava per la loro vita. E sperava, in cuor suo, di potere salvarle da questa scommessa con la morte.
E Yanira ?
Yanira correva, leggiadra, verso il Tempio.
Questa corsa era stata la goccia di troppo, quella che aveva fatto capire al Paladino, che ormai, tutto sarebbe stato nelle mani del Fato (permettendo), del Caos, e della Storia e dei suoi attori. Questi ultimi avrebbero potuto influenzarla, qua e la, ma ormai era come una valanga, diretta a valle. Si sperava soltanto - e Elemar avrebbe fatto il possibile, e oltre, per ottenere questo risultato - che la valanga si spegnesse senza troppi danni, evitando di colpire il villaggio.

Ormai, inevitabilmente, tutto stava finendo di sfuggire all’utopistico tentativo di controllo degli eventi, da parte del Paladino.
*I cinque primi minuti di battaglia sono finiti* pensò con amarezza, ma anche con un certo sollievo, il Paladino.

Era ora di smettere di pensare al passato, alle proprie scelte, e di onorare la battaglia, i suoi compagni, e di guidarli, in un modo o nell’altro, verso la fine.

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11/03/2009, 12:25
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Messaggio Shellar, finalmente
Il Paladino era esausto, fisicamente.
Era, però, solo una stanchezza delle membra.
Ma la battaglia, la corsa, vibravano ancora nel suo corpo, segno inequivocabile dei sforzi fatti.

Lo sguardo del Paladino rimaneva fisso su questa nuova donna, compagna, e … Pretessa.
E non si mosse per molti minuti.
Sicuramente lei se ne rese conto, ma non essendo lui l’unico a fissarla in modo innaturale, passò più o meno inosservato.

Tutto, a Shellar, stava cambiando.
No.
Tutto ERA cambiato.
In un battito d’ali. In un istante.
Magia ?
Sicuramente, ma Elemar preferiva pensarla in una maniera diversa. Gli tornarono in mente la forza d’animo dei popoli sconfitti, nelle guerre, e come questa si risvegliava, sempre, in un futuro più o meno lontano, per riprendersi il mal tolto. In maniera folgorante. Come a Shellar.
*Potete averci sconfitto, ma non saremo mai vinti.* si ripeté mentalmente il Paladino. Tali erano le parole che più illustravano il concetto.
Non si poteva imbrigliare la natura umana, la natura delle cose, e gli equilibri del mondo, cosi facilmente.
Shellar era nata per brillare, e, come una pianta sopita nelle profonditĂ  della sabbia del deserto, si era ridestata alla prima goccia di pioggia, luminosa e viva come doveva essere.
Shellar, e la sua nuova Pretessa, avvolta da questa luce dorata.

Il paladino l’aveva presa in considerazione, come eventualità. Il Fato, sapeva, era misterioso. E non usava via logiche per ottenere il suo scopo.
Era stata però un eventualità remota: Danoria rimaneva la prima candidata, e Elemar aveva dovuto agire di conseguenza.
Ma anche i suoi nemici avevano dovuto farlo, e questo, strategicamente, era piĂą importante, molto piĂą significativo, nelle loro possibilitĂ  di riuscita.
Elemar e i suoi compagni erano riusciti a salvare Danoria, il bersaglio prediletto, tenendo al contempo un occhio (almeno per quanto lo riguardava) sull’esile figura di Yanira.
Se fosse stata Yanira l’ufficiale candidata sin dall’inizio, sarebbe stata salvata lo stesso, dagli sforzi del gruppo.
Il Paladino espresse un debole sorriso: forse questa era la loro prima vittoria reale, di gruppo. Non ancora perfetta, ma viste le premesse, era piena di speranza e di ottimismo.

Lo sguardo del Paladino si distolse da Yanira, che, in questo momento, muoveva nervosamente le mani.
I corpi delle ranger, con Daresdena accanto a loro, in lacrime, erano il testimone di un altro evento. Un proprio fallimento personale.
Senza sentire le proprie gambe gemere per lo sforzo, Elemar si mosse silenziosamente verso i due corpi martoriati.
Porse una mano sulla spalla di Daresdena.
“Vieni.” disse, semplicemente.
Tolse la mano, e invitando la Barbara a fare altrettanto, prese delicatamente il corpo di una ranger in braccio, come se fosse un bambino.
*Siete morte per Shellar. Per dovere e con coraggio. Non vi ho … non vi abbiamo, si corresse mentalmente il Paladino, guardando Daresdena, saputo proteggere. Ma una cosa la possiamo ancora fare: trovarvi un luogo dove farvi riposare, per l’eternità, in questa rinata terra, che avete protetto e onorato fino all’ultimo istante.*

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18/03/2009, 9:30
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Messaggio Re: I pensieri di un Paladino
30 giorni …
30 giorni erano passati in un attimo, e Shellar era cambiata.
Un aiuto del destino, forse.
Non vedeva, Elemar, altre spiegazioni.

Shellar era stata liberata dalle azioni, piĂą o meno volontarie, di Yanira, e questo aveva salvato le vite di tutti, quella del Paladino in primis.
Elemar aveva visto la morte, lentamente, avvicinarsi quando avanzava verso la Vestale, e aveva ripensato, durante questi ultimi istanti, serenamente, al suo popolo, e se alcuni dei suoi compagni avrebbero avuto la fortuna di uscirne vivi.
Poi il boato di Luce.
La dissoluzione della Vestale e delle sue Ombre.
La Visione del Futuro.

E poi, finalmente, le prime risposte.
La discesa del gruppo nell’unica area intatta rimasta nel Tempio. Laddove solo Yanira poteva entrare.
E la conferma di una rivelazione: che la prescelta fosse proprio Yanira, al gran dispiacere di Danoria.
Da lì fu scoperta la stanza segreta, dove giaceva il corpo, e lo spirito, di Semmistra. Dove il tesoro del Lambyr rimaneva ancora intatto, e immenso.
Documenti di un valore storico e inestimabile, libri, diari …
I veri registri della Sorellanza.
Una partenza nuova per queste terre.
Ma tre cose rimanevano da fare.
Rimaneva a Yanira la decisione se accettare, se stessa, la decisione del Fato sul proprio destino. E Semmistra mise la giovane donna davanti alle proprie scelte, esigendo una risposta rapida. Fatto.
Rimaneva da sconfiggere le ultime forze del male, rimaste attorno e forse dentro, Shellar. Forse le stesse dalle quali il gruppo era stato protetto da una morte certa, quando, sfinito, la Luce gli aveva protetti per 30 giorni, facendoli ricuperare le forze. Forse per questo ultimo scontro …

E a questo pensava Elemar, mentre si librava in volo, un volo di fiamme, con il corpo deforme e pericoloso di Luyan in spalla.
Si morse il labbro: avrebbe dovuto pensarci prima. Era ovvio.
Avrebbe sicuramente insistito di più, verso l’azione sconsiderata di FaroVinto, di volere dormire fuori. Come se tutti i pericoli fossero finiti …
E ora ?
Beh, ora il gruppo si ritrovava diviso in due, e, come aveva previsto il Paladino, il ranger era sotto attacco. Sicuramente accerchiato, senza possibilitĂ  di ritirata.
Elemar sperava che Kurg fosse ancora con lui.
Ma vedendo i danni e le trasformazioni subite da Luyan, al quale solo la benedizione di Eraistos aveva permesso ad Elemar di scampare, lo spirito del Paladino si fece piĂą cupo.
Anche se FaroVinto e Kurg ne uscivano vivi, le possibilitĂ  di essere illesi erano minime, se non nulle.
E se uno di loro fosse stato morso … sarebbe stato un ulteriore problema.
Si era visto di cos’era stato capace l’esile corpo di Luyan, una volta trasformato. Elemar non osò pensare a quello di Kurg, in quello stato.

Per la stessa ragione, Elemar non poteva lasciare Luyan con le tre donne.
Non volendo nemmeno lasciare le due donne di Shellar da sole, senza guarda, aveva dovuto lasciare Daresdena con loro.
E quindi, ora, si portava il corpo di Luyan con se. Ma dove l’avrebbe lasciato ?
Non era una follia lasciarlo all’aperto ?
Forse Luyan si sarebbe ripreso, e sarebbe scapato nella vegetazione, a ricongiungersi con le altre bestie. E a questo punto, il bardo sarebbe stato perso per sempre.

Elemar quindi era di fronte ad un dilemma: trovare un posto dove rinchiudere Luyan, sperando che la prigione di fortuna fosse abbastanza resistente da fermarlo, e rischiare chiaramente la vita di Kurg e FaroVinto nell’attesa ?
Oppure andare direttamente dai propri compagni, buttando Luyan in un angolo da qualche parte, sperando che non si svegli, il tempo di sconfiggere la minaccia ?

Elemar sorrise amaramente. Queste situazioni erano quotidiane, nella vita di un paladino. O almeno, lo erano per coloro che non erano illuminati, e che mettevano sempre in discussione le proprie scelte.
E il tempo, che scorreva veloce, come il vento glielo ricordava, sferzando le proprie guance, non avrebbe atteso all’infinito la sua decisione.
Elemar quindi fece la sua scelta, guardando, mentre si dirigeva come una figura infuocata in mezzo alla notte verso i suoi compagni, un posto adatto a rinchiudere il bardo sulla propria strada.
*il grigio non esiste solo nel Bene o nel Male, ma anche nelle scelte. Spero soltanto di non avere scelto il male minore.*

Il Paladino, liberato da questo ulteriore dilemma, si schiarì la mente per prepararsi al meglio allo scontro.
E lo fece pensando alla sua gente, e alle parole di Semmistra.
Possibile che fosse una menzogna ?
Che, come Alkira, Semmistra manipolasse gli eventi per la propria visione / veggenza ?
Oppure che Semmistra temesse Elemar, per quello che rappresentava ?
…
No, Elemar scacciò via questo tetro pensiero.
Semmistra era una Senith. Anche se tanto tempo fa.
Il fatto che la Prima Pretessa avesse scordato i precetti di Eraistos, e che fosse ancora contro la Guerra, era un dato di fatto.
Che non avesse nemmeno letto nell’animo del Paladino, pure.
Elemar non aveva preferito Danoria, come 62° Pretessa.
Secondo lui, era molto meglio Yanira, vista la sua innocenza nelle faccende del Fato.

No, Semmistra aveva probabilmente detto il vero. E Elemar non era stupito di questo.
C’erano molti tasselli che potevano giustificare tale visione.
Ed Elemar sperava, in cuor suo, che Semmistra avesse ragione.

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