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Nel Monastero di Ala MartĂ na
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Arcangelo Nero
Iscritto il: 23/05/2006, 23:45 Messaggi: 261 LocalitĂ : RHO
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 Nel Monastero di Ala MartĂ na
Nel Monastero di Ala MartĂ na.
Terre di Trastaar.
Fine Inverno, Anno 1368.
“Convocate subito a me Arcangelo!”, tuonò l’anziano Reverendo dalle lunghe vesti.
Un monaco si precipitò fuori da quelle stanze private e lasciò al loro interno i due monaci soli nella penombra della sera.
“Dovresti mettere più ardore nel tuo compito, fratello”, bisbigliò distaccato l’anziano monaco riprendendo possesso di una calma apparente. “Non sempre è facile insegnare ad un giovane pettirosso come volare dal suo nido senza essere ghermito dalle aquile o senza che il vento lo spazzi via”.
Il vecchio monaco si avvicinò lentamente alla finestra del torrione centrale di Ala Martà na e il suo sguardo freddo e severo si soffermò sulla Veglia serale che gli accoliti stavano celebrando nel cortile sottostante. Poi si voltò di colpo verso il monaco alle sue spalle e strinse i pugni lungo i fianchi. “Tanto più se un pettirosso è denutrito e possiede ali troppo fragili perché possa volare da solo.”
Il giovane monaco che se ne stava in silenzio al centro della stanza accennò un inchino col capo e soppesò bene le parole dell’anziano padre. “La croce di Heltar insegna perseveranza e dottrina a chi ne contempla l’infinita saggezza. Non è mia intenzione fallire nell’incarico che mi avete donato”.
“Heltar te lo ha donato, non io!”, ribatté gelido il Reverendo. “Faresti bene a ricordartene”.
“Ma la fanciulla rifiuta la dottrina di questo monastero, Padre!”, replicò il monaco intimorito abbassando lo sguardo.
“E tu le farai capire che la dottrina di questo monastero è l’unica fonte di salvezza per una creatura così fragile!” Disse il vecchio.
“La giovane è incostante negli studi e negli esercizi, poco devota nelle preghiere e pericolosamente incline alla disobbedienza…” Piagnucolò il giovane monaco. “Per di più si prende gioco delle Leggi di questo monastero e come se non bastasse infrange il regolamento della mensa mangiando di nascosto la notte, Padre!”
I freddi occhi grigi del vecchio si socchiusero come se non volessero tollerare quelle veritĂ rivelate.
“Espiazione, espiazione, espiazione!”, disse l’anziano monaco a denti stretti. “Raddoppia gli esercizi fisici del mattino, i lavori negli orti e nelle sale comuni! Falle passare più tempo in preghiera, dovrà imparare tutti i canti espiatori. Celebrerà ogni giorno l’Ode della Virtù per due ore consecutive e si ritirerà nelle sue stanze un’ora prima del tramonto. E tornerà sui suoi doveri prima che canti il gallo!”.
Il monaco al centro della stanza congiunse le mani sopra il capo in segno di riverenza all’anziano Monaco lonita.
“E un po’ di digiuno non le farà senz’altro male!!”, aggiunse sogghignando. “Arcangelo dovrà capire che l’unica ragione di vivere è servire la disciplina e l’ordinamento di cui facciamo parte. Nessun altra alternativa è contemplata per la sua salvezza. Né qui, né altrove. A lei la scelta. Se spiegare le ali verso la salvezza o perdersi in un misero volo di morte tra le braccia della dissoluzione…”
Il lungo silenzio che ne seguì fu interrotto soltanto da qualcuno che bussò alla porta.
Il monaco che fece capolino dall’ingresso era bianco in volto come un contadino che aveva visto divorare dai lupi le sue greggi.
“Nessuno l’ha vista, Padre! Arcangelo è scomparsa!”
_________________ Solo un Angelo libero può proteggere ciò che gli appartiene con ciò che è suo...
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14/06/2006, 23:41 |
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Arcangelo Nero
Iscritto il: 23/05/2006, 23:45 Messaggi: 261 LocalitĂ : RHO
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 Re: Nel Monastero di Ala MartĂ na
Nell'antico monastero l'austero silenzio calava molto prima del sole all'orizzonte... Sembrava che nei portici, nei cortili e nelle sale comuni non vi fosse più vita alcuna. Soltanto le entità sovraumane, gli spiriti dei morti e le divinità capaci di percepire i pensieri pieni di ira di un reverendo padre, avrebbero sentito in quella fredda serata d'autunno urla piene di rabbia. Il segretario dell' Alto Priore di Ala Martà na stava in piedi alla destra dell'austero Reverendo, con aria quasi tremante e insicura. Reggeva una catena dalla quale pendeva il simbolo di Heltarion, la croce di rubino, e stentava a concentrarsi nella sua silenziosa preghiera. La sua fronte sudava e la gola era infuocata. Davanti ai due aveva appena fatto l'ingresso l'Arcipretore in persona. "Ho udito notizie alquanto incresciose da questo monastero", sibilò. "La fede in Heltar sta abbandonando i miei confratelli o una sventurata malasorte ha deciso di metterli a dura prova?" Il Priore si sentì sprofondare in una palude di frustrazione e impotenza. "Heltar mette a dura prova la fede dei più saggi. Ne umilia le azioni, ne calma l'orgoglio, ne purifica l'anima e infine ne innalza la gloria!" Disse il Priore. "Ne innalza la gloria?!" Ripetè seccato l'Arcipretore. "E in che modo potrebbe mai innalzare la gloria di quasi venti monaci sterminati dalla peste nera!?!". Gli occhi dell'Arcipretore si illuminarono leggermente. "E quale gloria potrebbe mai vedere Heltar in una banda di novizi che fugge dal monastero per tornare piangenti dalle loro famiglie???" "Ma altissimo Signore", ribattè il Priore, "notizie ormai consolidate parlano di fughe dai monasteri per le minacce della guerra! In periodi come questi alcuni novizi fremono per le proprie sorti!" "E Voi non credete che se dipendesse da questo ricercherebbero proprio la salvezza dalla guerra tra le mura di un monastero fortificato come questo???!!!" La voce dell'Arcopretore divenne acida e un sorriso divertito affiorò come una lama. "Voi avete fallito". Disse. "La vostra fede ha fallito!" Questo monastero ha perso la granparte dei novizi, scappati...evasi. Gli stessi monaci e i preti si sono ammalati di un morbo incurabile, l'organizzazione viene meno. Ala Martà na è caduta." Il Segretario sembrava di pietra, atterrito. Sembrava volesse rifiutarsi di respirare l'aria pesante della sala. Tremava. La sacra catena nelle sue mani oscillava sempre più, come se fremesse di vita propria. Il Priore si inginocchiò e congiunse le mani in segno di preghiera. La sua calma sembrava abbandonarlo. "Heltar riporterà il suo potere tra queste mura. Tutto questo non sarebbe mai successo se Arcangelo non avesse scavato quel passaggio attraverso le mura!!! E non ci sarebbe stato altro rifugio per loro se le Ranger non avessero prospettato asilo ai novizi! Se non avessero allettato le loro famiglie con la promessa di una protezione maggiore della nostra e di una condotta meno severa!" Lo sguardo dell'Arcipretore si fece serio, come se prendesse in seria considerazione quella lagnanza patetica del priore. "Le Ranger hanno concesso asilo ai novizi di questo monastero?" Chiese l'Arcipretore incredulo. "Di questo monastero e di molti altri...", rispose il Priore. L'Alto pretore di Trastaar più che adirato parve intensamente interessato. A malapena notò una feroce tosse soffocata proveniente dal Segretario del Priorato. "Una certa Arcangelo avrebbe aperto la strada per una fuga di massa e le Ranger della Sorellanza avrebbero offerto loro accoglienza??!!!" "Bhè...si. Credo di si". Ripetè insicuro il Priore. "Di sicuro almeno esercitano una grande influenda nella repubblica meridionale. Ospitano i figli e le figlie dei nobili e dei mercanti con la richiesta di donazioni meno ingenti delle nostre. Proteggono i loro avamposti e si nascondono nei boschi." Il Priore fece una pausa. "...e poi non si curano di ospitare i figli illegittimi del nostro stesso clero!" L'arcipretore che fino a poco prima sembrava quasi divertito, divenne estasiato. "La Sorellanza! Questa è Eresia..." Sibilò tra se. "Le Ranger professano una dottrina ripudiata a Trastaar, ma mai si erano intromesse prima d'ora nelle nostre questioni". Balbettò il Priore. "E noi allora puniremo la Sorellanza... E stroncheremo le ali del loro Arcangelo!" L'Arcipretore fissò intensamente il Segretario del Priore e sospirò gelido: "...Ammesso che non ci abbia già pensato la peste..." "La guerra le scoverà nei loro miseri accampamenti, ovunque esse si nascondono...e i loro protetti avranno la loro stessa sorte!" "Heltarion possa punire tutti gli infedeli!" Farfugliò il priore prostrato. L'Arcipretore si avvicinò soddisfatto e in segno di saluto lasciò che il priore baciasse il suo anello sacro. Dopodichè si avvicendò verso l'uscita, ma prima che la raggiungesse un profondo rantolo e un tonfo al suolo alle sue spalle lo interruppe. Il segretario del priorato era caduto al terra davanti allo sguardo atterrito del Priore. L'Arcipretore invece non si voltò neppure. "Abbandonate il monastero e seppellite tutti i morti...", ordinò.
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08/04/2008, 23:47 |
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Arcangelo Nero
Iscritto il: 23/05/2006, 23:45 Messaggi: 261 LocalitĂ : RHO
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 Re: Nel Monastero di Ala MartĂ na
Per la prima volta dopo molto tempo si sentiva leggera e libera, e la sola neve che cadeva silenziosa le dava conforta.
Il monastero davanti a se era stato abbandonato da un tempo imprecisato, ma nell'entrare Lexadia si sentì in obbligo di togliersi il copricapo e scrollarsi le neve dalle spalle.
Troppo tempo era passato da quando fuggì da Ala-Martana.
Quel luogo era stato per lei una dura prigione, e solo adesso, dopo aver conosciuto posti ben peggiori, le sembrava un luogo ameno e cordiale.
In molti nella Repubblica si erano domandati il reale motivo per il quale l'Arcipretore, prima di morire, aveva ordinato ai religiosi di abbandonare il monastero. E come Ala-Martana molti altri monastero giacevano vuoti e abbandonati.
Il sospetto che fosse stato per la peste non convinceva quasi nessuno, tantomeno lei. La malattia infatti aveva interessato le regioni vicine del Lambyr e di Medull, ma ugualmente erano stati evacuati i monasteri sulle alture occidentali, da tutt'altra parte nella Repubblica, mentre nessun villaggio a Lonius ne era mai stato colpito.
Altro fatto altrettanto inspiegabile fu il numero impressionante di morti all'interno degli stessi monasteri di Heltarion.
Attraversando gli orti e i giardini del monastero, Lexadia vide con i suoi occhi che erano stati sostituiti da un vero e proprio cimitero.
Dal mantello di neve che ricopriva il suolo soltanto delle semplici lapidi potevano rendere chiaramente l'idea di quanti frati e conversi vi fossero deceduti.
Lexadia le contò una ad una, e secondo i suoi calcoli circa mezza dozzina di frati si sarebbero messi in salvo.
Ma se i pochi frati sopravvissuti alla morte fossero comunque malati, avrebbero contagiato a loro volta altre persone mentre abbandonavano Ala-Martana. Ma stranamente così non fu...
dove sarebbero stati ospitati i pochi frati che avevano lasciato con le loro gambe il monastero?
Lexadia pensò a Trastaar.
Ma lungo i quattro giorni di viaggio che separavano la capitale della Repubblica edal monastero, i monaci contagiati avrebbero sostato presso fattorie o villaggi e in breve tempo la pandemia sarebbe stata rovinosa. Ma così non fu...
Perchè?
Dove andarono i sopravvissuti?
Perchè nella Repubblica la peste antica non si era diffusa ma tutti i monasteri ne erano stati ugualmente colpiti??
O forse era meglio chiedersi perchè la peste antica aveva colpito proprio i monasteri?
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01/12/2009, 21:17 |
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